Era il 7 gennaio 1839 quando il deputato francese François-Jean Arago esponeva sommariamente all’Accademia delle Scienze francese l’invenzione di Louis-Jacques Mandé Daguerre, presentata poi ufficialmente il 19 agosto dello stesso anno all’Accademia delle Scienze e delle Belle Arti di Parigi. Lo stesso Arago aveva proposto un contributo economico per la dagherrotipia, la creazione del pittore e scenografo Louis-Jacques-Mandé Daguerre che, unendo le proprie esperienze a quelle del ricercatore Nicéphore Niépce, aveva realizzato immagini dagherrotipe, riproduzioni meccaniche che aprirono la strada alla vera e propria fotografia. Non senza questioni su diritti di paternità, tra la Francia e l’Inghilterra – dove già nei primi anni dell’Ottocento il ceramista Thomas Wedgwood aveva portato avanti importanti ricerche – l’invenzione, in continuo e rapido miglioramento, si dilatò in tutta l’Europa e nelle Americhe. In Italia il fenomeno trovò un riscontro notevole specialmente nelle regioni del centro-nord, nonostante lo stato sociale e politico degli anni 1840-60.
Se Bologna fu la prima città italiana a pubblicare la traduzione dal francese del manuale di Daguerre (Historique et description des procédés du daguerréotype et du diorama, Paris, Alphonse Giroux et Cie, 1839), a Ferrara – ancora in bilico tra Stato pontificio e Austria – il primo articolo riguardante l’invenzione comparso su un giornale data al 23 gennaio 1851, più di vent’anni dopo l’annuncio di Parigi. Dalle pagine de «L’incoraggiamento», il segretario dell’Istituto Conferenza Agraria, Massimiliano Martinelli, titolava: “Istruzione popolare: il daguerrotipo”, mentre in città si diffondeva il fenomeno dei “fotografi viaggiatori”, ricordati da annunci pubblicitari degli anni tra il 1850 e il 1861. Se ne leggono numerosi sulla «Gazzetta di Ferrara», come l’arrivo da Ginevra di Enrico Béguin, che assicurava in pochi secondi ritratti coloriti di gruppi e fanciulli dalla somiglianza perfettissima grazie al nuovo metodo di Parigi, al costo di uno scudo e oltre (18 ottobre 1850). Béguin riceveva in piazza Municipale, tutti i giorni, qualunque sia il tempo, nella casa del sarto Barritoni o Berettoni, dove ebbe il suo studio provvisorio anche un tale Lewis che offriva la scelta tra un ritratto a dagherrotipo o un più economico ritratto su lamina e carta eseguito entro la stanza e senza il sole in 8-10 secondi (17 luglio 1851). Tra i fotografi itineranti era anche il ferrarese Tancredi Ragazzi, di passaggio proveniente da Roma, che lavorava al dagherrotipo con esattezza, precisione e inappuntabile somiglianza ricevendo nella trattoria di Geminiano Paltrinieri da Santa Margherita strada Volta Paletto n. 1820, proponendo, oltre ai ritratti, vedute e gruppi in miniatura (3 maggio 1853). L’apprezzato artista tedesco Ferdinando Brosy nel 1856 aveva lo studio al terzo piano dell’albergo “Stella d’Oro” in piazza della Pace (ora corso Martiri della Libertà angolo via Cairoli): assicurava ritratti che sorpassano in somiglianza, precisione e finezza tutti quei metodi che sono finora conosciuti (24 febbraio 1856).
La prima uscita ufficiale della fotografia ferrarese fu in occasione della “Terza festa agraria provinciale d’incoraggiamento con esposizione agricolo-industriale e del bestiame” tenuta a Ferrara dal 13 al 20 luglio 1857 e inaugurata da papa Pio IX Mastai Ferretti. Nel catalogo della rassegna stampato a Ferrara da Taddei, tra gli espositori compare una non meglio identificata Pierina Cappellati (non si sa se fotografa o proprietaria delle immagini) con Saggi di fotografia, nella categoria “Prodotti industriali - oggetti e lavori distinti d’arte e industria manifatturiera qualunque”.
Il bolognese pittore e scultore Raffaello Ferretti aprì per primo, nel 1863, uno studio fotografico a Ferrara, seguito di lì a poco tempo da Giovanni Gattei, ottico che nel 1861 offriva al colto pubblico ferrarese ... un grande assortimento d’oggetti d’ottica, tra cui objettivi per fotografia («L’Eridano», 30 agosto 1861) e che aprì il suo primo studio in società con Paladini in via della Rotta (ora via Garibaldi) in faccia alle Tre Corone.
Recuperando il ritardo accumulato nella propria crescita grazie al miglioramento della rete ferroviaria e alla caduta delle barriere doganali, in età postunitaria Ferrara vide lo sviluppo di varie attività economiche e commerciali: dal 1863 operarono in città, con ottimi risultati, diversi stabilimenti fotografici, perlopiù inquadrati come aziende artigianali a conduzione famigliare. Prevalentemente impegnati nell’esecuzione di ritratti, si ricordano, oltre al già citato Raffaello Ferretti che poi si trasferì a Roma e a Napoli, l’artigiano Ettore Codognato che esercitò dalla fine dell’Ottocento occupandosi anche dell’applicazione della fotografia alle arti grafiche (corso Giovecca 64, all’insegna “La Glisentiana”); il veronese Pietro Codognato che, essendo pittore, eseguì ritratti fotografici molto vivaci tra il 1870 e il 1887 negli studi di via Madama e del palazzo Crispi di via Borgo dei Leoni, dove subentrò al celebre Francesco De Rubeis, attivo dal 1865, trasferito in via Madama 31, poi in piazza Sacrati dal 1880 e infine in via Garibaldi 34 dal 1903, con un successo che ha resistito per mezzo secolo. Dagli inizi del Novecento aveva lo studio in via XX Settembre Gualtiero Fabbri, mentre intorno al 1914 il valente dilettante Sarro Ferraguti aprì l’attività insieme ad Alberto Giulianelli in via Borgo dei Leoni 42, collaborazione che terminò quando Giulianelli, qualche anno più tardi, si mise in proprio. Nella geografia degli studi professionali ferraresi rientrano quello dei fratelli Roveri, fin dagli anni Sessanta in via della Picca (ora via Ercole de’ Roberti); di Luigi Vancini, dal 1866 in via del Turco 16; lo studio “Fotografia Ariostea” (via Ripagrande 21) di Alfonso Galassi nel 1874 e due anni dopo condotto da Vincenzo Passari che, visto il sensibile aumento di commissioni da quando egli era subentrato nella gestione, invitava tutti coloro che bramino dedicarsi all’arte fotografica e che abbiano qualche cognizione di disegno, a presentarsi per occupare due posti di ritoccatori per le prove positive e negative («Il Popolo», 26 marzo 1876). Ancora lavoravano con successo gli studi di Romualdo Gervasutti, dalla fine degli anni Ottanta successore di Pietro Codognato in via Borgo dei Leoni 28, dedicandosi anche alle vedute esterne e a lavori specializzati; di Guido Mignani, con sede dal 1884 nel palazzo Schifanoia; di Alessio Roppa, operante alla fine dell’Ottocento in via Saraceno 45; di Adrasto Rossi dagli inizi del Novecento in via Vittoria 66. Specializzato in istantanee per bambini era lo studio “Fotografia Artistica” di Settimio Buzzoni, situato in piazza delle Erbe (ora Trento e Trieste) di fronte al Campanile del Duomo («Indicatore generale di Ferrara», 1914). Ultimo, ma soltanto per cronologia, è da ricordare lo stabilimento fotografico “Vecchi e Graziani”, che iniziò l’attività nel secondo decennio del Novecento in via Camposabbionario 11 per poi trasferirsi in via XX Settembre 131: negli anni Venti e Trenta fu uno dei migliori studi della città.
Tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e il primo del Novecento la passione per la nuova tecnica artistica coinvolse professionisti, imprenditori, personalità di rilievo della borghesia ferrarese che si cimentarono come “dilettanti” riprendendo particolarmente Ferrara e i suoi monumenti. Tra questi, l’ing. Giulio Gatti Casazza (direttore del Teatro Comunale di Ferrara, della Scala di Milano e del Metropolitan di New York) privilegiava i paesaggi; Alberto Zaina collaborò agli inizi con il citato Sarro Ferraguti, lasciando poi documentazione dei suoi viaggi in Italia e all’estero in numerosi negativi stereografici (lastre in vetro); il dottor Ottorino Leoni partecipò ad esposizioni presso il palazzo dei Diamanti (1900) e nella ex chiesa di San Lorenzo (1903); il pellicciaio Tito Obici si dedicò ai monumenti ferraresi producendo immagini utilizzate, tra le altre, da Giuseppe Agnelli per il suo Ferrara e Pomposa (Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1902); l’ing. Carlo Turchi, contitolare del saponificio di Pontelagoscuro e consigliere della Cassa di Risparmio, dedito a vedute ferraresi e a dettagli architettonici. Altri dilettanti di ottime capacità furono l’avv. Umberto Avogadri, sindaco di Vigarano Mainarda (1901) e scrittore; il letterato, pittore e critico d’arte Ferruccio Luppis; il farmacista del borgo di San Giorgio Giuseppe Bonatti, il marchese Alfonso Costabili, il conte Antonio Scroffa e molti altri. Il più attivo tra gli amatori fu il medico Nando Bennati, che collaborò con i principali editori ferraresi (Fontana, Pistelli e Bartolucci, Noglage, ecc.) fornendo le immagini per cartoline illustrate tra la fine dell’Ottocento e il 1905.
Parallelamente alla passione per la fotografia, si sviluppava il magazzino dei negozi specializzati: l’ottico Dalan era tra i più forniti di Ferrara; l’ottico Alberto Buffa (portico del Teatro) pubblicizzava il grande assortimento delle vere macchine fotografiche inglesi ad obbiettivo acromatico; la cartoleria Ruiba (piazza Commercio, ora parte di corso Martiri della Libertà) promuoveva le proprie macchine fotografiche d’ogni genere, istantanee e per posa, e relativi accessori a prezzi di fabbrica («Gazzetta Ferrarese», 1889-90). L’ottico Maruzzi si rivolgeva ai potenziali dilettanti informandoli che con sole lire 18 ogniuno può essere fotografo, invitandoli nel suo negozio sotto il portico dei Camerini, oggi piazza Savonarola («Chichèt da Frara», 24 novembre 1889).
Verso la fine dell’Ottocento si diffondeva il ritratto di gruppo, e nel primo decennio del Novecento prendevano piede i “ritratti emozionali” e i “ritratti multipli” dell’eclettico Federico Camuri – fotografo, pittore, restauratore e “cinematografista” – che nel suo studio di via Centoversuri prima e di via Porta San Pietro poi, eseguiva insiemi di immagini ricavate con il procedimento delle doppie esposizioni.
La smania per la fotografia che aveva investito anche le scuole era disapprovata da «La Rivista» (21 aprile 1893) a causa della richiesta alle famiglie di concorrere volontariamente con un contributo in denaro: Non basta la spesa continua per nuovi libri, quaderni, penne, ecc. ... molti insegnanti fanno eseguire in gruppo la fotografia della propria scolaresca, tassando ogni singolo allievo di cent. 10 e di cent. 60 se ne prendono una copia .... I fotografi ambulanti erano bollati come una delle piaghe del genere umano, antesignani dei “paparazzi” che appena hanno addocchiato la loro vittima, la seguono con perversa attrazione e non l’abbandonano fino a che non si è presentato il momento opportuno ... la negativa si prende quando il soggetto si aggiusta la cravatta, si soffia il naso, tira su la calza.... Il fotografo dilettante è traditore per sua natura, colpisce spesso alle spalle e arriva a mascherare la macchinetta diabolica tra le pieghe di un fazzoletto o di un giornale... («Gazzetta Ferrarese», 23 settembre 1898). Il dibattito sulla nuova invenzione e sui nuovi artisti si inseriva in quello più ampio del confronto/scontro tra pittura e fotografia, che ha visto di fronte pareri discordi: chi sosteneva che la fotografia avesse ucciso la pittura, chi, al contrario considerava la fotografia una sorta di continuazione della pittura con altri, più moderni strumenti. I ritratti pittorici, in particolare, erano prerogativa della nobiltà e davano lavoro agli artisti del pennello, messi in crisi dalla forte domanda di ritratti fotografici e dalla nascita di una nuova professione, che permetteva anche alla fantesca di farsi ritrarre con pochi soldi ... Viva il progresso che anche per mezzo della fotografia fa scomparire i privilegi («La Sentinella del Po», 22 novembre 1865).
AG, 2012
Bibliografia
Alberto Cavallaroni, Ferrara nelle cartoline illustrate (1895-1945), Ferrara, Banca di Credito Agrario, 1979; Dino Tebaldi, I pionieri della fotografia nella Ferrara crepuscolare, «La Pianura», 2, 1979; Roberto Roda, Renato Sitti, Carla Ticchioni, Fotografia ferrarese (1850-1920), Portomaggiore (Ferrara), Arstudio C, 1984 (testi di Michele Perfetti, Renato Sitti, Dino Tebaldi, Giovanni Guerzoni, Roberto Roda, Lucio Scardino, Carla Ticchioni, Eros Menegatti); Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento. Una storia “senza combattimento”, Milano, Bruno Mondadori, 2000.