Mura di Ferrara

Giuseppe Chittò Barucchi (Ferrara 1817-1900), La fortezza di Ferrara, ante 1860; olio su tela, cm 46 x 80 Giuseppe Chittò Barucchi (Ferrara 1817-1900), La fortezza di Ferrara, ante 1860; olio su tela, cm 46 x 80 Ferrara, Museo dell’Ottocento

«Conteste di mattoni rossi e bianche calcine, in gran parte sbrecciate e ricoperte di muschio, muffa ed erbaccia, le antiche mura di Ferrara si elevano sopra fossati melmosi, con un cipiglio guerresco, seppure rilassato, quasi a sfida degli oltraggi secolari subìti». Così scriveva Ugo Malagù nel 1960, mettendo in risalto l’antichità del perimetro murato di nove chilometri che circonda la città, un poligono fortificato che nobilita il profilo di Ferrara, definita dal maresciallo Robert III de La Mark signore di Fleurange (1491-1537), che la vedeva al tempo di Alfonso I d’Este, «la plus belle ville de guerre qui feust en la chrestienté», “la più bella città di guerra”. Ma le mura, sebbene attrezzate per ribattere, non subirono mai assalti, nemmeno quando l’esercito austriaco cinse d’assedio la città per tre mesi, nel 1708. Degli «oltraggi secolari» doveva piuttosto rispondere chi, dal 1598 in avanti, mise mano all’arborato cerchio, alla cintura di giardini e fortificazioni – osservate e studiate da Michelangelo – che abbracciava Ferrara.

Si distinguono oggi quattro tratti edificati in momenti diversi dell’età estense, tra il 1450 circa e il 1597 (dal tempo di Borso a quello di Alfonso II d’Este, ultimo duca di Ferrara) funzionali alle necessità dei siti, oltre ai tratti costruiti in età pontificia, primo tra tutti quello dove sorgeva la Fortezza, il cui abbattimento fu una delle operazioni urbanistiche più incisive dell’Ottocento, così come era stata decisiva per il tessuto urbano la sua realizzazione, che costò la distruzione dell’intero borgo Superiore dominato dall’antico Castel Tedaldo e la perdita dell’isola fluviale del Belvedere, sulla quale sorgeva una delle più suggestive “delizie” estensi.

La Fortezza aleottiana voluta da papa Clemente VIII Aldobrandini e costruita durante il pontificato di Paolo V Borghese (terminata nel 1618), venne “rivista” nella primissima età napoleonica, sconvolgendo ancora il quadrante sud-ovest della città. Alla luce dei nuovi criteri difensivi che privilegiavano la “cittadella” piuttosto che la “fortezza”, i francesi, da due anni a Ferrara, nel 1798 fecero demolire le mura di ponente, troppo a ridosso della fortificazione. Parallelamente al cambio di ordinamento politico, alcune delle strade principali di Ferrara, e di conseguenza le porte che le chiudevano segnando il passaggio oltre le mura, cambiarono nome secondo le imposizioni del governo repubblicano francese: la strada di San Giovanni Battista divenne “corso Porta Mare”, e il suo proseguimento, la strada dei Prioni, fu detto “via Porta Po” (indicando così la direzione, rispettivamente, verso il mare Adriatico e verso il Po); la porta di San Giorgio divenne “porta Romana” (verso la Romagna) e la strada di San Paolo “corso Porta Reno” (verso il fiume Reno).

Il profilo delle mura cambiò ancora nel 1805 quando i francesi minarono e fecero saltare tre bastioni della Fortezza per ricostruire una cortina muraria continua; contestualmente fu interrata la “canaletta” attorno alle mura. La Fortezza rimase quasi abbandonata fino alla caduta del governo francese, per poi ospitare dal 1814 al 1859 un presidio austriaco con circa mille militari. Sottoposta a lavori che ne ristabilirono la struttura originaria, la cittadella – diventata simbolo dell’oppressione straniera – fu demolita quasi con furia iconoclasta a partire dal 22 giugno 1859, non appena gli austriaci ebbero lasciato Ferrara. La demolizione, dal quale si salvarono i baluardi “a freccia” di Santa Maria e di San Paolo, terminò nel 1865, lasciando uno spazio a lungo incolto (la Spianà) che diventerà la piazza d’Armi, poi urbanizzato negli anni Venti del Novecento (quartiere “Giardino”), operazione che impresse ancora una ferita alla continuità della cerchia muraria con l’ulteriore atterramento di un tronco.

All’età pontificia risalgono anche i tratti compresi tra i resti del baluardo di Santa Maria e la barriera di viale Cavour, e tra via della Grotta e la porta di San Paolo (porta Paola, dal nome di papa Paolo V), così come le cortine difensive di San Paolo e di San Lorenzo, costruite in sostituzione dei tratti atterrati per erigere la Fortezza.

Le mura, nella loro ormai consolidata funzione di cinta daziaria e già impoverite dalle distruzioni settecentesche (sei torrioni erano stati abbattuti nella sola linea fortificata da Biagio Rossetti), fecero sollevare un lungo dibattito tra il 1815 e il 1830: si doveva abbatterle e allargare il canale della fossa oppure ricostruirle? La loro mole le salvò in gran parte facendo optare per la ricostruzione, così come la scamparono in tempi successivi – quando l’abbattimento delle cinte murarie era sinonimo di pianificazione territoriale – grazie alla “riserva” di aree urbanizzabili all’interno della città.

Nel 1846 il Comune dispose la demolizione delle robuste mura del grande baluardo occidentale di San Benedetto con il progetto di inserirvi una barriera; verso la fine del secolo in quell’area furono costruiti gli sbocchi di viale Cavour e di corso Porta Po, con edifici di modesta architettura: i ferraresi li chiamavano i quatar garidùn (“i quattro comodini”).

Il rivellino della porta orientale (alla fine dell’attuale corso Porta Mare) venne quasi interamente abbattuto nella prima metà dell’Ottocento, mentre la porta subì lo stesso destino tra Otto e Novecento per essere sostituita da una barriera daziaria e per fare spazio allo slargo di piazzale San Giovanni, dove rimaneva, a sentinella, l’omonimo torrione adibito prima a canile poi a “locale per lo smercio delle polveri sulfuree”.

Ai fianchi dell’accesso meridionale (porta Reno) furono aperti due varchi nel 1901 e la porta Paola venne destinata a barriera daziaria.

A settentrione, la porta degli Angeli, il punto fortificato più avanzato di quel tratto di mura, aveva già perso di importanza come manufatto militare all’indomani della partenza di Cesare d’Este da Ferrara alla volta di Modena (1598), quando la porta venne chiusa alle sue spalle (e riaperta solo nel 2000). Nel 1820 fu destinata a macello e trasformata per questo scopo; dal 1848 alla fine del secolo venne usata come polveriera militare, costantemente controllata da un sorvegliante; agli inizi del Novecento fu affittata come abitazione civile (fino al 1984). Gli scavi archeologici degli anni Novanta del Novecento ne hanno portato alla luce le fondazioni cinquecentesche e il rivellino, un baluardo “a freccia” demolito nel 1859 a causa del degrado.

La porta Romana o porta di San Giorgio, all’estremità sud-orientale, attorno al 1893 fu soppressa, mentre il baluardo fu in parte demolito frontalmente verso la città per installare una barriera daziaria. Nel tratto di mura cinquecentesche presso la “Montagna di San Giorgio” (Montagnone) rimane la palazzina detta dei Bagni Ducali costruita per il duca Alfonso II d’Este.

Nel giro di quaranta anni, ancora, tra il 1861 e il 1900, si susseguirono diversi lavori rivolti perlopiù al risanamento e al miglioramento sociale: dall’interramento della fossa delle mura (1865) e dal restauro del tratto orientale con la demolizione – e la seguente “ricucitura” del sistema murario a pilastri e archi – del baluardo di San Rocco per far posto al nuovo macello pubblico (1868), alla realizzazione del lavatoio pubblico in via della Grotta (1863), del tiro a segno poco distante dalla porta degli Angeli (1879), della nuova barriera daziaria presso porta Po (1880), dell’Acquedotto presso il Montagnone (1890), del quale resta la torre.

I giardini che arricchivano la cinta muraria in epoca rinascimentale e spazzati via in età pontificia, avevano lasciato ampie distese libere. Presso la porta di San Benedetto, solo per fare un esempio, erano sparite le “delizie” della Castellina, della Cedrara, della Ragnaia e di Chiaronome per creare zone a servizio della Fortezza. Tra il Seicento e l’Ottocento gli spazi “liberi” a ridosso delle mura furono occupati da orti e alberi da frutto (spesso oggetto di furti), mentre il vallo acquitrinoso delle mura settentrionali fungeva da pascolo (con acqua e asciutto) e da riserva di foraggio per lo sfalcio delle erbe.

I terrapieni delle mura orientali persero definitivamente la loro identità di fortificazione dagli anni Trenta dell’Ottocento, quando furono dedicati al pubblico passeggio a piedi e in carrozza, in un parco con le “terrazze” date dal piano dei baluardi, dove si potevano sistemare gradinate per le corse ippiche (per esempio la corsa dei sedioli), fiere e altri spettacoli, come avveniva dal 1836 al Montagnone. Il tocco fin de siècle allo spasso in quel tratto di mura fu la realizzazione della scalea allineata con la Prospettiva della Giovecca (dal 1951 piazzale Medaglie d’Oro).

Non c’erano ancora, nell’Ottocento, i fornici per collegare il centro urbano con l’immediato esterno aperti ai lati della citata scalea verso la costruenda strada Ferrara-Tresigallo-Mare (1937), e presso la ex porta Catena verso la zona industriale (1938). Questo intervento mantenne comunque i viali al di sopra delle mura, conservandone la continuità quasi nell’ottica di recuperare la loro antica funzione di giardino.

AG, 2011

Bibliografia

Histoire des choses mémorables advenues du reigne de Louis XII et de François Ier mise en escript par Robert de La Marck. Journal de Louise de Savoye, duchesse d’Angoulesme, d’Anjou et de Valois, mère du grand roi François premier, Paris, Foucault, 1826, t. XVI, p. 202; Ugo Malagù, Le Mura di Ferrara, Ferrara, Ferrariæ Decus - Ente Provinciale per il Turismo, 1960; Ferrara disegnata. Riflessioni per una mostra, a cura di Marica Peron, Giacomo Savioli, Comune di Ferrara, Portomaggiore (Ferrara), Arstudio C, 1986; Le mura di Ferrara. Immagini e storia, a cura di Paolo Ravenna, Modena, Panini, 1986 (in part. Carlo Cesari, L’evoluzione della cinta urbana, pp. 31-36 e Paolo Ravenna, Il perimetro delle mura, pp. 45-141); Alessandra Farinelli Toselli, Le mura come giardino, in Ferrara VII-XX secolo. Giardini e fortificazioni, Comune di Ferrara, 1993, pp. 38-75; Francesco Scafuri, Itinerario attorno le mura di Ferrara tra arte militare e innovazioni urbanistiche, ivi, pp. 76-96.

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