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Turismo

 Stabilimento Bagni Esperia di Magnavacca Stabilimento Bagni Esperia di Magnavacca cartolina, collezione privata

Il “turismo”, nel senso moderno del termine – che in Italia non risale oltre la metà del XIX secolo – ha origine nei tempi seguiti alle guerre napoleoniche, quando il viaggiare cessava di essere un privilegio di ricchi o avventurosi per diffondersi tra un numero sempre maggiore di persone e arrivare progressivamente al turismo di massa. Il fenomeno del “turismo”, in un’accezione, però, che ancora non corrisponde al significato attuale, è stato reso possibile dalla rivoluzione dei mezzi di trasporto creati nel XIX secolo e perfezionati nel XX, dalla ferrovia alla navigazione a vapore, dalla bicicletta all’automobile, all’aereo, così come dallo sviluppo delle vie di comunicazione.

 

Se l’abitudine di viaggiare era caratteristica del periodo tra la fine del XVII e il XVIII secolo, si trovano esempi di organizzazioni rudimentali, esempi di “prototurismo” che favorivano l’affluenza dei viaggiatori anche in età più remote: si pensi ai viaggi poco sicuri intrapresi da viandanti e pellegrini, o agli spostamenti in età medievale e rinascimentale, dettati da motivi di studio o di lavoro, verso le università europee, verso le corti signorili, le fiere e i mercati. L’Italia era la tappa-culmine del viaggio di istruzione, quel Grand Tour che durava anche 3-4 anni, intrapreso dai giovani delle famiglie aristocratiche a completamento della loro educazione. Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo il Grand Tour si diffondeva tra la borghesia agiata, tra artisti e letterati, poi, in pieno Ottocento, si allargava alla nuova classe sociale della media borghesia. Nobili, intellettuali, antiquari, artisti, filosofi, politici e semplici viaggiatori riempivano i loro taccuini con le più disparate considerazioni, emotivamente coinvolti dalle “meraviglie” osservate con occhio critico.

 

Sulla strada tra Venezia e Roma, una tappa quasi inevitabile era Ferrara, città che colpiva i viaggiatori per il suo presentarsi grande, solenne ma solitaria, attorniata dalla campagna piatta, vicina a un fiume affascinante ma terribile: la silenziosa e deserta bellezza tramandata dai versi di D’Annunzio e condivisa da tanti visitatori che ne hanno lasciato testimonianza nei loro diari di viaggio.

 

Nel 1861 il re Vittorio Emanuele II inaugurava la ferrovia Bologna-Ancona: il collegamento di Rimini alle regioni settentrionali fece ben sperare imprenditori e politici locali in una stagione di forte sviluppo economico, dopo che il primo “Stabilimento di bagni marittimi” riminese, aperto già vent’anni prima, aveva rischiato più volte il fallimento per la mancanza di adeguate strutture di accoglienza. E fu effettivamente un successo, poiché dai primi del Novecento, aumentata la ricettività con la costruzione di residenze formate da appartamenti da affittare, crescevano attorno a Rimini e a Riccione le “città-giardino” che richiamavano la media borghesia per un turismo a prezzi modesti, mentre verso la fine dell’Ottocento le ville della zona venivano trasformate nelle prime pensioni. Nel 1908, a Rimini, si apriva il Grand Hotel.

 

Il mare della riviera più a nord pareva tagliato fuori dal circuito turistico, ma il riferimento consegnato alla storia dal medico bolognese Giovan Francesco Bonaveri – autore del testo Della Città di Comacchio, delle sue lagune e pesche..., pubblicato a Cesena da Gregorio Biasini nel 1761 – testimonia di un “casino” predisposto alla metà del XVIII secolo a Magnavacca dalla famiglia Tomasi di Comacchio, adatto all’accoglienza di chi si volesse «colà portare a ricrearsi».

 

Luigi Malagodi nella sua Guida ai bagni di mare del 1856 scriveva che da quel primo «magnifico Stabilimento» di Rimini presero le mosse gli impianti costruiti sulla costa adriatica, citando, tra i numerosi altri, quelli della «spiaggia dello Stato romano, dalla parte dell’Adriatico»: tra le località ricordava Magnavacca, l’attuale Porto Garibaldi – nome assunto 1919 per ricordare lo sbarco dell’eroe dei Due Mondi su questa spiaggia il 3 agosto del 1849 –. Scriveva che le «acque di gradevole temperatura, non che il clima caldo dell’Italia valsero sempre ad eccitare gli abitatori delle sue estese spiagge a gittarsi nell’onde nella estiva stagione, e a dimorarvi a lungo, o per semplice solazzo, o per riacquistare la sanità perduta; ed oltre il grand’uso che se ne fa a piena spiaggia, senza difesa veruna, esistono moltissimi bagni e fissi, e galleggianti, e capannotti portabili, in ogni città e paese marittimo, i quali offrono quanto può essere sufficiente di comodo, di proprietà, e anche di eleganza, da invitare a profittarne quelli, che da terraferma si portano a cercar salute nelle acque del Mediterraneo e dell’Adriatico».

 

A Magnavacca, nel primo decennio del 1900, vennero costruiti completamente in legno gli stabilimenti balneari “Apollo”, “Esperia” e “Italia”, che divennero punto di riferimento del turismo locale del tempo. Furono abbattuti da una violenta mareggiata nel 1927 e in seguito rifatti, mentre la vecchia ferrovia che da Ostellato faceva capolinea lungo il porto-canale di Magnavacca passando per Comacchio, fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

 

Un cenno merita il raduno ciclistico organizzato a Ferrara nel 1902 dal Touring Club Italiano, nato a Milano nel 1894 come “Touring Club Ciclistico Italiano” con l’intento di diffondere la bicicletta, simbolo di modernità e mezzo di locomozione alla portata di tutti. Il raduno Touristico fu accompagnato da una sfilata di donne in bicicletta: un’immagine di libertà e di emancipazione conquistata a fatica, dal momento che la bicicletta era vista come «uno strumento del demonio, se inforcata da gambe femminili».

 

 

 

La redazione, 2013

 

 

 

Bibliografia

 

Luigi Malagodi, Guida ai bagni di mare, Fano, Lana, 1856; Mario Bertarelli, voce Turismo in Enciclopedia italiana Treccani (1937); Mariangela Dallaglio, La riviera romagnola: un caso di sviluppo economico tra modelli elitari e turismo di massa, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. L’Emilia-Romagna, a cura di Roberto Finzi, Torino, Einaudi, 1997, pp. 463-469; Antonella Cagnolati, Donne e bicicletta, Roma, Aracne, 2011.

 

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